L’altro giorno ho incontrato Nazzareno. Settantasette anni, ben portati. Fisico asciutto, capelli candidi, ben sistemati, viso scavato, ben messo nel complesso. 
Mi chiede, avvicinandosi: «Sei, per caso, il figlio di …» e fa un nome, «gli assomigli così tanto!» 
«No». Rispondo io, tra gli sciocchi ammiccamenti dei miei due accompagnatori, i quali, subito dopo, mi lasciano solo con questo signore, che inizia a parlare di sé.
Prendo ad ascoltarlo. Veramente e intensamente. 
Anche se l’incontro è estemporaneo, sento che devo donargli tutta la mia attenzione.
E così faccio. Ha uno sguardo molto intenso, begli occhi, di un castano chiaro che ricordano l’oro vecchio. Una persona fine, nel complesso, che mi dice cose semplici, ma stranamente personali, come se ci conoscessimo davvero e da tanto tempo. Provo una profonda attrazione nei confronti di quella persona e dell’intimità che si è andata creando nella nostra fugace relazione.
So che non è un caso.
Per questo gli conferisco tutta l’attenzione e tutta la presenza di cui sono capace. Ci stringiamo, infine, la mano. Mi ringrazia. Gli restituisco il mio sincero ringraziamento.
«Che la vita sia con noi!»
E così è.

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