Per Voci sul Filo di Casa delle Culture, Teatro Sovversivo e Officina Koru.
L’etica sociale parte da questi presupposti: l’educazione determina in modo assoluto il comportamento umano, mentre la natura, cioè la struttura psicofisica con cui l’uomo viene al mondo, è fattore trascurabile. Ma è vero? È vero che gli uomini altro non sono se non il prodotto del loro ambiente sociale? E se non è vero, come si giustifica allora l’affermazione che l’individuo è meno importante del gruppo a cui appartiene?
Tutte le prove a nostra disposizione invitano a concludere che, nella vita degli individui e delle società, i valori ereditari hanno la stessa importanza di quelli culturali. Ogni individuo è biologicamente unico e diverso da tutti gli altri. Perciò la libertà è un grande bene, la tolleranza una grande virtù, l’irreggimentazione una vera calamità.
Per motivi pratici o teorici i dittatori, gli organizzatori e alcuni scienziati muoiono dalla voglia di ridurre questa forsennata diversità della natura umana a una qualche maneggiabile uniformità.
Se gli esseri umani fossero in realtà membri di una specie davvero sociale, se le loro differenze individuali fossero trascurabili, riducibili del tutto mediante opportuno condizionamento, allora è chiaro che non ci sarebbe più bisogno di libertà, e lo Stato avrebbe ragione di perseguitare gli eretici, all’occorrenza. La soggezione al termitaio è libertà perfetta per la singola termite. Ma gli esseri umani non sono completamente sociali, sono soltanto, e in misura moderata, animali da branco. Le loro società non sono organismi, come l’alveare e il formicaio; sono organizzazioni, cioè macchine strumentali del vivere collettivo.
Nel Mondo Nuovo ci si garantiva l’ottimo comportamento sociale ricorrendo a un duplice processo, di manipolazione genetica e di condizionamento postnatale. I feti venivano coltivati in bottiglia e ci si garantiva massima uniformità umana usando ovuli estratti da un numero limitato di madri, e trattando ciascuno di essi in modo da farlo scindere più volte, riproducendo gemelli identici a gruppi di cento e più. In questo modo era possibile produrre addetti alle macchine standardizzati per macchine standardizzate. E la standardizzazione degli uomini addetti alle macchine si perfezionava, dopo la nascita, grazie al condizionamento infantile, all’ipnopedia e all’euforia indotta chimicamente, surrogato della soddisfazione di sentirsi liberi e creativi.
Nel mondo in cui viviamo grandi forze impersonali inducono alla centralizzazione del potere e all’irreggimentazione della società.
La standardizzazione genetica degli individui è ancora impossibile; ma il gran governo e la grande impresa già possiedono o possiederanno assai presto tutte le tecniche manipolatorie descritte nel Mondo nuovo ed altre ancora che io non ebbi la fantasia di sognare. Siccome non sanno imporre agli embrioni uniformità genetica, i governanti di domani, in un mondo sovrappopolato e super-organizzato [burocratizzato] cercheranno di imporre agli adulti e ai bambini l’uniformità sociale e culturale. A tal fine essi (se nessuno glielo impedirà) ricorreranno a tutte le tecniche manipolatorie di cui dispongono, e non esiteranno a ribadire questi metodi di persuasione irrazionale con la coercizione economica e le minacce di violenza fisica.
Se vogliamo evitare una tirannia di questo tipo dobbiamo senza indugio cominciare a educare noi stessi e i nostri figli alla libertà e all’autogoverno.
Nella forma attuale, l’ordine sociale può tenersi in piedi solo se gli individui accettano, senza farsi troppe domande imbarazzanti, la propaganda espressa dagli uomini autorevoli e la propaganda poggiata sulla tradizione. Anche in questo caso si tratta di trovare il giusto mezzo. Gli individui devono essere suggestionabili quanto occorre perché abbiano volontà e capacità di far funzionare la loro società; ma non suggestionabili al punto di cadere disperatamente sotto l’incantesimo di coloro che per professione manipolano il cervello del prossimo. Allo stesso modo, noi dobbiamo insegnar loro l’analisi della propaganda quanto occorre perché non credano acriticamente nelle sciocchezze, ma non dobbiamo nemmeno esagerare, non dobbiamo indurli a respingere senz’altro tutte le affermazioni, non sempre razionali, di coloro che in buona fede stanno a guardia della tradizione. Probabilmente non riusciremo mai a scoprire il giusto mezzo fra la credulità totale e lo scetticismo totale; forse quel giusto mezzo non riusciremo a ottenerlo con l’analisi soltanto. È un modo piuttosto negativo di affrontare il problema e perciò bisognerà intervenire con qualcosa di più positivo; con l’enunciazione di una serie di valori generalmente accettabili, basati saldamente sui fatti.
Il valore, anzitutto, della libertà individuale, basato sul fatto della diversità umana e della unicità genetica; il valore della carità e della compassione, basato su un fatto notissimo, che la psichiatria moderna ha riscoperto di recente: il fatto che, per quanto diversi in senso mentale e fisico, agli uomini occorre l’amore, come il cibo e un alloggio; e infine il valore dell’intelligenza, senza la quale l’amore è impotente e la libertà irraggiungibile.
Questa serie di valori ci fornisce un criterio con cui giudicare la propaganda. La propaganda che risulti assurda e immorale andrà senz’altro respinta. Quella che sia solo irrazionale, ma compatibile con l’amore e con la libertà, e non opposta in linea di principio all’esercizio dell’intelligenza, quella noi l’accetteremo provvisoriamente, per quel che vale.
Per adesso qualche libertà resta ancora nel mondo. Senza libertà le creature umane non saranno mai pienamente umane: la libertà è un valore supremo. Può darsi che le forze che si oppongono ad essa siano troppo possenti e che non ci si potrà opporre a lungo. Ma è pur sempre nostro dovere fare il possibile per resistere.
Liberamente tratto da:
Aldous Huxley, Ritorno al mondo nuovo, 1958, pp.308-317, 326, Mondadori Libri, Milano, 2018