Un Racconto che decide di manifestarsi attraverso me: l’attore, ovvero il trascrittore del Racconto stesso. Se qualcuno dei casuali lettori avvertisse la necessità o si sentisse in dovere di aiutare il Racconto stesso a manifestarsi, non dovrà far altro che contattarmi, e provvederò alla sua pubblicazione… sempre che il Racconto lo vorrà, naturalmente.

Qualcheluogo, Italia, 2033

Incipit

Per quanto potessi ricordare tutto era iniziato sin da bambino, quando riconoscevo nei miei comportamenti qualcosa di diverso rispetto ai miei compagni. Qualche idea fissa di troppo. Un’eccessiva timidezza. Un desiderio di solitudine, di alterità, non saprei definire con esattezza, ma in qualche modo percepivo già allora la mia unicità. Nata forse quando sentii – per la prima volta – la sensazione di esistere, di esserci. Io o me come dovrei dire meglio. E come spiegherò ampiamente più avanti. Almeno così credo.

Gli infermieri che si affaccendano silenziosi nei paraggi e gli altri ospiti della struttura, in cui sono da tempo stato condotto, non mi danno in verità un gran fastidio. Gli accordi che avevo preso con i miei familiari erano stati molto chiari. D’accordo, mi faccio fare tutti gli accertamenti del caso nel reparto di neuro-tecnologia genetica, ma a patto di non dover prendere alcun farmaco, pasticca, iniezione, flebo, impianto di microchip1 e/o trattamento similare, che potesse in qualche modo alterare lo stato del mio corpo fisico, alla cui integrità e naturalità tengo in modo particolare. E inoltre posso accedere liberamente – si fa per dire – al mio smartphone connesso in rete e addirittura gestire una mia piccola libreria personale. Sì, parlo proprio di libri fisici, quelli di carta, con la copertina colorata. Così rari ormai, ma ancora indispensabili per me. Non più di un paio di scaffali che ho ricavato all’interno di un ripostiglio inutilizzato, d’accordo con la direttrice del reparto. E così è stato.

Gli accertamenti sulla mia persona, tutti rigorosamente non invasivi, continuano ormai da tempo. Ma, come dicevo, la maggior parte del giorno e della notte – dormo molto poco – posso fare quello che mi pare. Passo per lo più a studiare nel giardino dell’ospedale, nelle belle giornate di sole o nel mio mini-studio, ricavato nel ripostiglio, dove ho attrezzato anche un monitor 3D ad alta definizione, delle vecchie micro-casse acustiche, per la mia amata musica – che sento in verità soprattutto con i miei occhiali Glasswatch wireless multifunzione – e una tastiera che collego al cellulare. Ebbene si, sono un nostalgico del vecchio e caro pc con tastiera fisica, ancora non del tutto avvezzo all’utilizzo dell’Assistente Personale. Anche se, devo dire, lo trovo ogni giorno più interessante e utile, con la sua interfaccia vocale sempre più intelligente, direi quasi profetica. Non sono invece avvezzo a quell’insana moda, che ti porta ad avere una pletora di accessori indossabili tutti smart e connessi, tra di loro e in rete,  e che monitorizzano per tutto il tempo, qualsiasi cosa si possa misurare nel tuo corpo. Ad eccezione degli occhiali, come vi dicevo. Il tutto senza disturbare gli altri pazienti, naturalmente.

Sono diventato un’ospite fisso del reparto. Ci vivo. E sono conosciuto e benaccetto da tutti, ormai. Gli accordi completi, infatti, erano che non dovessi mai allontanarmi senza una ragione. E, tutto sommato, visto che loro non manipolano in nessun modo il mio corpo fisico né la mia mente – a esclusione dei colloqui con i tecno-psicologi, che, tutto sommato, riesco sempre a condurre come piacevoli conversazioni tra persone e non tra ruoli – gli accordi vengono rispettati e anch’io rispetto il mio impegno.

Poi anche se mi venisse in mente di andarmene, dovrei avere il tesserino magnetico. Già. Tutte le porte di accesso del reparto sono sistematicamente bloccate. Si passa solo con badge, impronta digitale o tramite riconoscimento facciale. Micro telecamere con microfono incorporato in ogni angolo delle stanze, nei corridoi e in giardino. Ma in fondo non sento nessun bisogno di uscire. Qui posso continuare i miei studi in totale tranquillità. Ogni incombenza operativa mi è stata sollevata. E gli accertamenti medici e gli esami sono, fortunatamente per me, sempre più rari.

Ma torniamo al dunque. Il perché sono qui mi sembra di averlo ampiamente spiegato. Mi considerano strano. C’è in me – secondo loro – qualcosa che non va. Dal mio punto di vista, devo dire sinceramente, c’è parecchio che non va in loro. Chi loro? Ma tutti voi che mi state ascoltando, no? Voi che vivete vite normali. Vi svegliate il mattino, andate a lavorare o svolgete le vostre faccende in casa, vi incasinate nel traffico da e per un paio di destinazioni, che son quasi sempre quelle. E che rientrate stanchi la sera, e non vedete l’ora che arrivi il fine settimana, per godervi… tutto ciò che desiderate fare. Come tutti del resto. O quasi.

Ma non divaghiamo. Devo stare un po’ più concentrato, altrimenti non riesco proprio a raccontarvi nulla di me. E come mai sono considerato un po’ alieno. Mah! Io proprio non lo penso. Giudicherete voi. Ma alla fine, quando vi ho raccontato tutto. Non prima, vi prego!

Tornando a noi. Ho frequentato l’università. Scientifica. Ma è solo un ricordo, ormai. Ho lavorato quasi tutta la mia vita, proprio come state facendo voi. Normalmente. Casa e chiesa. Ferie e ancora via per un nuovo giro di giostra. Tutto sempre maledettamente uguale, nella finta varietà. Poi, raggiunta la maturità, le mie idee, i miei pensieri, si sono sempre più intensificati e focalizzati. Le domande si son fatte sempre più insistentemente ricorrenti. Erano le solite, quelle che capitano senz’altro anche a voi…«chi sono?», «che ci faccio qui?», «qual è il senso di tutto ciò?», «che cos’è, veramente, la realtà la fuori?», eccetera. Nulla di particolarmente nuovo, ma… domande decisamente pressanti per me, tanto da dover dedicare gran parte del mio tempo allo studio di libri, testi antichi e moderni, conferenze, video e così via… e – devo dire – che in rete c’è veramente tanta roba. Ragazzi! Un mondo di storie, fantasie, idee, folli e incomprensibili a volte, ma sempre affascinanti, se riusciamo naturalmente a discriminare l’enorme spazzatura gossippara, la pornografia, eccetera, che tutto sommato distrae soltanto.

D’altra parte, un po’ di paranoia non fa male, a mio avviso. Che il mondo là fuori sia diverso da come ce l’hanno sempre raccontato? Che ne dite? È forse possibile che stiamo vivendo storie fondate su menzogne? O in un’allucinazione collettiva? O addirittura che ci troviamo in una simulazione?
O sono soltanto io l’allucinato?
In fondo il nostro mondo occidentale è in gran parte il prodotto degli ultimi cento anni, scarsi. Anche se, per la verità, dovremmo dire che noi europei siamo figli del XVI secolo. Quando nascono la storiografia, le prime banche, il denaro, il commercio, si gettano le basi dell’illuminismo, le industrializzazioni, nasce la grande scienza, che sempre più tende a rilevare il vuoto lasciato dalla religione… ma di sicuro negli ultimi cent’anni l’accelerazione nei cambiamenti dei nostri scenari di vita è stato proprio un fatto esponenziale. Singolarità, andava di moda dire qualche tempo fa. Ma ormai ci siamo dentro, fino al collo. A differenza delle precedenti generazioni di umani, oggi, nel 2033, si nasce in una società, si matura in una completamente diversa da quella vissuta da bambini e ci si ritrova nell’età adulta con uno scenario ancora del tutto trasformato, proprio irriconoscibile. La tecno-scienza è ormai entrata a far parte della nostra quotidianità. Il suo sviluppo è oscenamente inarrestabile. Non facciamo proprio nulla senza doverci interfacciare con qualche sistema artificiale. E nessuno riesce più a riconoscersi in quello che era solo dieci anni prima. Che dico? Cinque anni sono sufficienti per mutare panorama, con questa accelerazione insensata, folle, che ha del disumano.

Ci risiamo… sto divagando. Vi dicevo dei miei pensieri ricorrenti e insistentemente riverberanti. Che occupavano sempre più attenzione, interesse e tempo nella mia giornata, tanto da risolvermi di dover lasciare il lavoro e tutto il resto, per dedicarmi a tempo pieno allo studio. Quale studio? Ma, diamine, per cercare le risposte alle mie domando, no?
Voi mi chiederete, a questo punto, se sono arrivato a qualche conclusione, naturalmente.
Prima di rispondervi, però, devo dirvi alcune cose. Che è della massima importanza raccontare. Per farvi capire il mio punto di vista. Altrimenti il tutto non sta in piedi.

(continua…)


1 A Barcellona volontario si fa impiantare chip sottopelle. Servirà ad aprire la porta di casa, ANSA, 27 febbraio 2019

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Allucinazioni uno