Non so bene perché, ma sento il desiderio di chiarire, a me stesso certo, questa mia idiosincrasia. Già.  Una risposta che mi devo. Punto.

Qui non si vuole indagare il perché questa piattaforma, come tanti altri servizi digitali, sia fornita del tutto gratuitamente e/o quali interessi di controllo vi siano implicati. No. Qui desidero soltanto indagare il mio rapporto personale con questo “comportamento dei più” che osservo attorno a me.

Non sono mai stato particolarmente interessato a facebook, fin dai tempi della mia iscrizione, nel lontano 2009, quando ancora non parlava neanche italiano. Ma a differenza di linkedin, che utilizzavo sostanzialmente per esigenze lavorative, non c’è stato mai un minimo di feeling con fb e il suo impiego è stato ed è tuttora veramente minimale.

Forse per la mia attitutine alla navigazione solitaria? L’avversione per i rapporti superficiali? Timore di espormi? Mah. Per certo, dicevo, fin dall’inizio la mia presenza è stata più una curiosità, un dovere di cronaca, che altro. E lì è rimasta. E tuttora rimane.

Ma tra non provare attrazione e sentirne una certa avversione, «c’è qualcosa che tocca» direbbero a Bologna… Ebbene cos’è che non mi va?

Dell’apparente superficialità ho detto; della naturale mia riservatezza personale, può darsi, ma proviamo ad andare un poco più in profondità. Quello che mi dà parecchio noia è il fatto di non trovare mai o quasi quel qualcosa che cerco. Questo è un fatto. Oggettivo. Il divergere costitutivo – così normale nel surfing internettiano – qui poi diventa esponenziale, totale, completo. Si ha l’evidenza che non sia questo il servizio che una piattaforma social possa dare. Forse proprio perchè l’obiettivo non è mai cercare qualcosa che ti ha suscitato un interesse, quanto piuttosto generare una specie di gossip imperante. Cercare di sapere quello che gli altri stanno pensando, facendo… Cosa mi sta succedendo attorno. E con una velocità di decadimento dei fatti, che raggiunge l’assurdo dell’effimero sostanziale.

Ecco forse è proprio questo. Come lo spot pubblicitario televisivo rappresenta la massima espressione sintetica della nostra civiltà, quella occidentale consumistica globalizzante in cui tutti noi siamo immersi, così una piattaforma social può sintetizzare l’arte del gossip fatto passatempo, attorno al quale costruire la nostra vuotezza esistenziale quotidiana… se non addirittura la nostra stessa identità.

Altro elemento disturbante è l’emotività superficiale e debordante che cresce esponenzialmente, grazie alla protezione di un facile e irresponsabile anonimato, unito all’acredine violenta di immediate e istantanee reazioni emotive, facilitate dall’assenza di un qualche spazio di riflessione. Il gossip: quello spazio dove un’argomentazione non solo non è ammessa, ma è del tutto fuori luogo. O sei per il bianco o per il nero. Pro o contro. Nessun’altra sfumatura è pensabile.

Che dire, infine, di quel vago senso di svuotamento emotivo alla fine di una bella sessione di surfing, rimbalzando da una sollecitazione all’altra? Mi ricorda, molto da vicino, il mio compulsivo agire dei primi videogiochi della mia storia personale. Indubbiamente delle similitudini ci sono. E il senso di perdita anche.

Non so se questo mio commento, per quanto superficiale, possa rappresentare il solito punto di vista luddista, rispetto ad una tecnologia, ma, per la mia personale sensibilità, rimango della mia opinione.

Diciamo che – sempre a mio parere – lo strumento incita al vuoto pneumatico della chiacchiera più insulsa. E lo alimenta in modo strutturale e strutturato. Almeno questo è il mio punto di vista.

Certo. Ci sono riscontri anche positivi…

In fondo uno strumento di per sé è neutro; il valore vien dato dall’uso che di questo strumento se ne fa. Se ne possono fare usi sia creativi o meno. La responsabilità è esclusivamente nostra…

O no?

PS

Nonostante ciò che è dentro e ciò che è fuori sono la stessa cosa, in quel momento per te non è così, perché stai giudicando. Quando giudichi ciò che è fuori, stai facendo lo stesso movimento anche dentro di te. Quando giudichi ciò che è fuori, non stai percependo l’Oltre, quell’Oltre per te è inesistente.

Fabio Ghioni, Apoteosi, p.92

Che cosa sto rifiutando di me? Discernimento contrapposto a giudizio.
Il giudizio è accompagnato da un’emozione, in genere negativa, sprezzante, attraverso la quale il giudicante si sente superiore al giudicato…


Aggiornamenti

Estremamente interessante e utile la visione di questi 5 minuti di video, a proposito di fb, visti e descritti da uno che se ne intende di sicuro: il suo ex-presidente. Da meditare profondamente. Mentre questa è l’intervista completa della Stanford Graduated School of Business, pubblicata il 13/11/2017, della durata di circa un’ora, da cui è stato estratto il precedente spezzone.

Quest’altro brano, tratto da un’intervista a Raffaele Barberio, pubblicata il 26/05/2018 da Byoblu, posiziona le corporation del web nell’ambito del Military Complex statunitense, consultato il 29/05/2018.

Un interessante e ampio approfondimento (35′) di Mauro Scardovelli, La sociatà dei like, Byoblu, consultato il 21/01/2019

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Perché non amo facebook
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