Proviamo a spiegarci. Innanzitutto, partiamo dal desiderio di condividere. Un desiderio naturale che ci spinge a dire quanto di bello e utile abbiamo trovato in una recente lettura, che ci ha colpito. Che c’ha fatto fare una piccola o grande esperienza a-ah!
Analizziamo un po’ questo fatto. Cos’è che ci induce a dire: «Interessante proprio quest’idea!» O anche: «Ma guarda! Quest’altro spunto capita proprio a fagiolo!» e così via. C’è un rispecchiamento. Un riconoscimento. Una comprensione vera. Non assoluta, badate bene. O meglio. Assoluta per noi, in quel momento, che stiamo leggendo. E come tale, quindi, del tutto relativa. A noi. Nello specifico momento della nostra situazione di vita.
A meno che la cosa – il suggerire un titolo, ad esempio – non ci venga in mente all’interno di una conversazione con una persona, in seguito a quanto si va dicendo. E che in qualche modo ci ricorda quella particolare lettura, quello specifico concetto, quel libro così appropriato, per la piega che il discorso sta prendendo… Allora la situazione è diversa. C’è – come dire – un’intrinseca correttezza della situazione. Non c’è nessun desiderio auto-riferito, che spinga verso l’esterno, come nel primo caso, anche se, sembrerebbe, a fin di bene. Finché c’è un auto-riferimento, per quanto piccolo, c’è, forse, una sottile… nostra arroganza. Nel presumere, quanto meno, che quella lettura possa accordarsi anche a lui o a lei, proprio quando lo desideriamo noi.
Ecco la soluzione di questa mini riflessione. La nostra giustificazione della correttezza – se volete – del pensiero precedente. Essendo l’accadimento un qualcosa che succede, appunto, in modo situazionale, senza un io che lo debba necessariamente intendere…