Dall’ANSA del 4 aprile 2020 (il grassetto è nostro).

Dovremo abituarci a scambiare tempo in cambio di sicurezza, anteporre il binomio diffidenza-distanza alle abitudini post-globalizzazione, convivere con mascherine e guanti.

Segue una serie di nuovi comportamenti che dettagliano uno scenario da incubo, letteralmente. I nostri nuovi comportamenti nei diversi scenari quotidiani, casa, controlli, lavoro e smart working, commercio, trasporti pubblici, trasporto  aereo, scuola, ristoranti, palestre e sport, cinema, teatri, concerti, discoteche, rifiuti.

Ecco, l’ultimo punto vale la pena di citarlo per intero. Dopo aver snocciolato la vita assurda, che secondo lo scrivente dovremmo adottare, ecco l’ultima chicca, che rivela la logica stringente che, del resto, informa tutto l’articolo.

– RIFIUTI: La rivoluzione Greta ha dovuto incassare il colpo. Se è vero che lockdown e quarantene mondiali hanno azzerato o quasi i livelli di inquinamento, mascherine, guanti e confezioni usa e getta sono rifiuti non semplici da smaltire.

Capito? Noi dobbiamo cambiare la nostra quotidianità, vivere in una situazione da incubo, totalmente disumana, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, puntando sul binomio diffidenza-distanza, ma, diamine, i rifiuti non possono certo diminuire, lo spettacolo deve continuare anche nella post-globalizzazione!

Non a caso l’articolo è catalogato nella categoria “Economia” dall’ANSA. Senza un minimo di critica alle fondamenta che hanno portato a tutto questo.

Noi noi intendiamo commentare ulteriormente, ma riflettere per agire, concretamente, insieme a chi la pensa in modo umano. Chi ha occhi per vedere è bene che prenda in seria considerazione il da farsi. 
Primum vivere, deinde philosophari.

In chiusura, per dare un respiro alla vita, citiamo un post, che riteniamo il migliore contenuto originale, che ci è capitato di leggere nella “prima quarantena”, visto che, a nostro parere, ne seguiranno altre … e non solo.

Condivido con voi una riflessione fatta ieri sera.
Leggo che molti in questi giorni difficili si sentono in guerra. Non sono d’accordo. Questa non è una guerra; questa è la vita reale, che l’umanità ha vissuto dall’età della pietra fino ai nostri nonni, in cui si doveva accettare per forza una natura a volte madre, a volte matrigna. Poi nell’ultimo secolo, grazie a importanti scoperte in campo medico e tecnologico, abbiamo pensato di poter piegare tutto e tutti ai nostri interessi e ci siamo creati il mondo edulcorato in cui viviamo. I segnali sempre più chiari che qualcosa non va li abbiamo messi sotto il tappeto perché rovinavano la rappresentazione, dove i protagonisti sono i soldi e il profitto; la salute è infatti scontata, alla malattia e alla morte è meglio non pensare. Oggi però accade qualcosa non previsto: il coronavirus è il grillo parlante; possiamo ascoltarlo, o prenderlo a martellate come Pinocchio, che ha preferito il paese dei balocchi popolato da asini. Nel paese dei balocchi questa emergenza è una guerra, nel mondo reale la guerra è in Siria dove muoiono donne e bambini, sui barconi in cui annegano o nelle baraccopoli in India e in Sud America dove si muore dimenticati per una banale dissenteria.
E’ bastato un piccolo virus a mandare a gambe per aria il nostro racconto. E’ necessario cambiare rotta: puntare su un modello che promuova in primis la salute e il benessere di tutti, il rispetto per l’ambiente e la solidarietà fra gli uomini e le donne di tutto il mondo. Uomo avvisato, mezzo salvato. (Mariano Di Iorio, 28 marzo 2020, ore 18:08)


Crediti immagine: keblog.it

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Restare umani