Affermazione forte. Indubbiamente. Ma c’è un contenuto di verità in questa affermazione?
Si tratta di dover discernere. Partendo dal proprio punto di vista. Un punto di vista personale, senza poter disporre di punti d’ancoraggio esterni, che ci suggeriscano una regola di comportamento. Quando, cioè, la ricerca di uno standard esterno viene meno. Quando non è chiaro che cosa si possa o non possa fare, in quella data situazione, in accordo una norma, secondo quanto stabilito consensualmente dalla società alla quale apparteniamo. Società che in parte ci definisce e che, in qualche modo, concorriamo noi stessi a costituire attraverso i nostri comportamenti sociali.
Si tratta di decidere, in un certo senso, da sé stessi… Ci ricorda, per qualche verso, l’antinomia del mentitore. È come percepire un senso di estraniamento, di confusione, di incertezza, che si prova nella difficoltà di percepire i confini tra ciò che è dentro al sistema e ciò che ne resta fuori.
Un’incertezza…generativa. Che può riservarci nuovi e insospettati territori di riflessione su noi stessi. E che rimanda all’idea di sovranità.
Al di là di ulteriori sofismi linguistici, la domanda da porsi è: «stanno accadendo fatti del tipo di quelli suggeriti da Anonymous in questo manifesto?»
A noi, pare di si. Prendiamo, ad esempio, il caso di Edward Snowden, il quale sostiene di non aver violato, col proprio comportamento, alcun articolo della costituzione americana, ma di aver agito in sostanza per motivi etici1. Senza voler entrare nel merito della spinosa questione, non avendone la conoscenza di dettaglio, né un’adeguata competenza giuridica, ma riflettendo da comuni cittadini, sospettiamo che un grado di verità, non piccolo, sia contenuto nella proposizione di cui sopra. E che valga la pena di pensarci un po’ su.
E voi? Che ne pensate?
1 Si veda, a supporto, il seguente passo, estratto dall’articolo Edwared Snowden: The Untold Story in WIRED, 2014
On March 13, 2013, sitting at his desk in the “tunnel” surrounded by computer screens, Snowden read a news story that convinced him that the time had come to act. It was an account of director of national intelligence James Clapper telling a Senate committee that the NSA does “not wittingly” collect information on millions of Americans. “I think I was reading it in the paper the next day, talking to coworkers, saying, can you believe this shit?”
Snowden and his colleagues had discussed the routine deception around the breadth of the NSA’s spying many times, so it wasn’t surprising to him when they had little reaction to Clapper’s testimony. “It was more of just acceptance,” he says, calling it “the banality of evil” — a reference to Hannah Arendt’s study of bureaucrats in Nazi Germany.
“It’s like the boiling frog,” Snowden tells me. “You get exposed to a little bit of evil, a little bit of rule – breaking, a little bit of dishonesty, a little bit of deceptiveness, a little bit of disservice to the public interest, and you can brush it off, you can come to justify it. But if you do that, it creates a slippery slope that just increases over time, and by the time you’ve been in 15 years, 20 years, 25 years, you’ve seen it all and it doesn’t shock you. And so you see it as normal. And that’s the problem, that’s what the Clapper event was all about. He saw deceiving the American people as what he does, as his job, as something completely ordinary. And he was right that he wouldn’t be punished for it, because he was revealed as having lied under oath and he didn’t even get a slap on the wrist for it. It says a lot about the system and a lot about our leaders.” Snowden decided it was time to hop out of the water before he too was boiled alive.
Crediti immagine: www.wired.com